Beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi
Cristina e Giorgio Epicoco
INTRODUZIONE
Viviamo in un tempo nel quale l’attenzione viene riservata ad anziani, divorziati e non risposati, divorziati e risposati, giovani in cerca di occupazione, giovani in famiglia e senza famiglia ecc. Purtroppo, difetta la capacità di mettere a fuoco quello che di tutto è il fondamento: la coppia, non in quanto tale ma in quanto base della famiglia, a sua volta tessera della Chiesa ma, in generale, della società civile. Si proclama la morte della famiglia in quanto istituzione non più al passo con i tempi poi, invece, ci preoccupiamo per tutte quelle condizioni che sono causate dall’assenza della famiglia.
L’uomo è un essere sociale, vive di relazione, vive per il bene comune e del bene comune, la funzione sociale della famiglia è costituita dal permettere a tutti gli individui che la compongono di crescere conoscendo quali siano i compiti di ciascuno affinché ognuno viva bene. L’assenza della famiglia fa si che le persone vivano in modo introverso, in un mondo proprio che non riconosce l’importanza e la necessità dell’altro, per semplificare, vivono in modo disordinato. Gesù, il figlio di Dio, si è incarnato in una famiglia, nella quale ha rispettato ruoli e compiti. Ha vissuto tutto quello che vivevano gli uomini del suo tempo, compreso i soprusi e le ingiustizie. Ha mostrato come la violenza e l’ingiustizia non possano essere vinte se non con la mitezza e l’umiltà, e che l’altro rappresenta il bene terreno e Dio quello supremo.
Maria e Luigi Beltrame Quattrocchi, in modo differente ma convergente, avevano ben chiaro quale fosse il ruolo che l’amore di Dio gli aveva affidato.
Oggi un figlio viene visto come un diritto, ma anche un errore, talvolta un’appendice attraverso la quale continuare la propria ambizione o raggiungere obiettivi mancati. L’educazione che ne consegue è del tutto inesistente perché è solo in funzione di quelle che sono le aspettative genitoriali, quando ce ne siano.
Maria e Luigi Beltrame Quattrocchi dimostrano che, quando un padre e una madre sono, innanzitutto, una sola carne, tutto ne consegue con naturalezza e con amore, anche come affrontare le difficoltà. “Blocco compatto di un’unica materia” è definita da Maria «l’una caro»
Incarnano mirabilmente la “responsabilità”, termine con il quale siamo abituati, generalmente, a individuare la capacità di rispondere delle proprie azioni, concentrando lo sguardo su sé stessi. Invece la “responsabilità“ dovrebbe individuare la capacità di rispondere alle richieste o alle necessità altrui, prendendosi cura del prossimo. E cosa ci chiede un figlio se non di essere amato e accompagnato ad amare?
LUIGI
Luigi Beltrame nasce a Catania, terzo di quattro figli, da un funzionario governativo friulano inviato in Sicilia agli albori dell’unità d’Italia che, ivi conobbe una ragazza molto giovane, di nobili origini, figlia del principe di Valguarnera.
La storia del doppio cognome è presto spiegata. La sorella della madre, che aveva sposato Luigi Quattrocchi, non aveva avuto figli e, dopo il trasferimento e la partenza della famiglia Beltrame da Catania, aveva chiesto e ottenuto che il piccolo Luigi potesse crescere con loro.
Lo zio (Luigi) ne chiese e ottenne, successivamente, l’adozione, per cui il nostro Luigi aggiunse al cognome di nascita anche quello adottivo.
Zia Fanny (Stefania) era una donna molto dolce e religiosa, quanto fermo e lontano dalla formazione religiosa fosse lo zio Luigi. In questo ambiente visse e crebbe Luigi Beltrame Quattrocchi, dal 1896 arrivato a Roma e in tal contesto, conobbe Maria. Nel 1902, poco dopo la morte dello zio, si laureò in giurisprudenza, e nel 1904, anno della morte della zia, cominciò la sua carriera di procuratore legale.
MARIA
Maria Corsini nasce a Firenze nel 1884, figlia di un ufficiale dei granatieri di Sardegna così fermo nella sua visione militare, che sposterà la figlia dalla scuola cattolica frequentata quando scopre che le religiose che la dirigono sono critiche nei confronti del re.
Sin da piccola comprende che la pace familiare è un piccolo mattone che contribuisce alla costruzione del bene dell’umanità e del grande disegno divino.
Maria ha un interesse e una capacità per lo studio e la cultura notevoli tanto da sostenere conversazioni su temi particolarmente audaci quale, per esempio, il divorzio. Moltiplica i suoi talenti dedicandosi allo studio delle lingue, del pianoforte, dell’arte.
MARIA E LUIGI
Maria e Luigi faranno conoscenza nei salotti delle famiglie amiche nel 1901, nei 3 anni seguenti, la frequentazione, pur non essendo assidua, rimarrà sempre abbastanza costante.
Ciò che attraeva l’uno all’altra erano le differenti opinioni che li portavano a dibattere, senza antagonismo, nella certezza che accogliere la posizione dell’altro avrebbe permesso di raggiungere una sintesi più vicina possibile alla verità.
Luigi, non religioso nel senso spirituale del termine, aveva uno spontaneo e alto senso morale, tal ché avrebbe desiderato che diritto ed etica collimassero sempre.
Nel dicembre 1904, quando fra Maria e Luigi si era fatto avanti un sentimento che ciascuno cercava di capire quanto reciproco, Luigi ebbe un problema di salute che lo portò sull’orlo della morte, anzi i medici avevano già dichiarato di disperare per la sua salvezza.
Maria, nell’impeto di una fede che era cresciuta e maturata, consegnò la vita di Luigi alla Madonna di Pompei. Per una serie di, come le chiamano i medici, favorevoli eventi, Luigi guarì del tutto, proprio a causa di una complicanza che, in altre situazioni, lo avrebbe condotto a morte.
Questi eventi, se da una parte condussero a maturare sempre più pienamente l’importanza di Dio nella loro vita, dall’altra convinsero i due di essere destinati alla vita insieme.
Maria Corsini regalò, successivamente, l’immaginetta della Madonna di Pompei davanti alla quale ogni giorno pregava per il suo Luigi.
Il 25 novembre 1905 Luigi Beltrame Quattrocchi sposò, nella basilica di Santa Maria Maggiore, Maria Corsini.
L’EDUCAZIONE DEI FIGLI
La crescita dei cuccioli d’uomo è un evento straordinario, lungo e complesso. Non è un caso che l’uomo sia l’unica specie animale che non sceglie il compagno con il quale avere dei figli, in base a caratteri utilitaristici, almeno non solo, ma, addirittura lo sceglie in base a elementi sentimentali, filosofici, forse, che vedono, o dovrebbero vedere, come preminente la relazione.
In Maria e Luigi questo aspetto, relazionale prima e unitivo poi, raggiunge la perfezione.
Maria e Luigi, consapevoli del grande, gravoso e meraviglioso compito affidatogli da Dio di continuare la Sua opera creatrice, sanno che prima di tutto dovranno essere “una sola carne” perché dovranno avere una sola parola e una sola azione.
È evidente come oggi la crisi non riguardi tanto la maternità e/o la paternità, ma la relazione e, dunque, la vocazione: un uomo e una donna, sovente, non hanno davanti a sé il senso di costruire il “noi coniugale”; piuttosto si preferisce star da soli, avviare rapporti precari, anche solamente a tempo, talvolta addirittura occasionali, perché il termine “per sempre” può aver valore per un lavoro, per una casa, non certo per una relazione con una persona. La conseguenza ovvia è una società nella quale l’individualismo ha la meglio ma se ciascuno pensa solo al proprio benessere, nessuno starà bene!
Luigi ben comprende come Maria abbia maggiore dimestichezza con la volontà di Dio e, pur nella compostezza e rigore caratteristico dell’essere un alto funzionario della magistratura contabile, ha avuto la forza e la determinazione di porsi alla sequela della sua sposa. Ciò non assecondandone passivamente le decisioni, anzi discutendone con lei, ragionandone le radici e l’efficacia, prima di attuarle nella crescita filiale. I primi tre figli arrivarono rapidamente, nel 1906, 1908 e 1909.
Per Maria e Luigi il matrimonio è un servizio d’amore ma, contrariamente a quanto si pensi oggi (ma anche ad inizio ‘900), non si tratta di amore verso i figli o verso il marito ma, in primo e su tutti, di amore verso Dio, Colui che ha donato il coniuge, prima, e i figli dopo. Così Maria, in particolare, e Luigi in comunione, sentiva di dover giovare alle anime dei piccoli che le venivano affidati, non prima di giovare all’anima dello sposo e con il quale mai visse divisioni o disarmonie, proprio in virtù dell’unione coniugale che li rendeva uno.
Dopo il terzo figlio, Maria, sostenuta e coadiuvata da Luigi, scrisse il suo primo libro dal titolo «La madre nel problema educativo moderno». In questo libro si tratta di educazione sessuale, e stiamo parlando dell’anno 1911! Maria Beltrame Quattrocchi, per prima, lancia il grido di allarme sull’abbandonare, da parte dei genitori, la cura dell’educazione filiale. Ravvede tre periodi fondamentali per la buona educazione: il primo che tende a preservare il bambino da vizi pericolosi, il secondo che plasma l’adolescente nel suo completo sviluppo psico-fisico e il terzo che deve preparare il giovanotto ad affrontare l’ingresso in società accompagnandolo.
Secondo Maria il compito materno è supremo e complesso ed impossibile da sostituire (cosa che, sovente, avviene oggi con programmi televisivi inadatti e trasmessi proprio per raccogliere consensi nelle fasce orarie più frequentate dai giovanissimi, più facilmente influenzabili; per non parlare della giungla dei social, degli spettacoli di intrattenimento sempre più volgari e diseducativi). Maria definisce splendidamente le parole che devono essere conosciute dalla prole, riassunte nella massima evangelica “Non fare ad altri quello che non vorresti fosse fatto a te”.
La crescita di Maria, e per riflesso di Luigi, e per contagio di tutti i conviventi, va di pari passo con la comprensione, guidata e sollecitata dal direttore spirituale Padre Paoli, che, affidarsi alla volontà divina, prende origine dal dominio dell’io e che la santità richiesta non consiste nel fare cose straordinarie ma nel far bene, con la maggior perfezione possibile, quelle ordinarie che sono proprie del nostro stato!
Non è la parola che deve essere insegnata ma è l’esempio che deve portare alla luce la bontà e la naturale inclinazione a Dio che, altrimenti, rimarrebbe sopraffatta dagli attacchi del maligno che tendono a dimostrare come risulti inutile lo sforzo di esser buoni.
LA QUARTA GRAVIDANZA
La prima occasione per rendere visibile a Cesare, Stefania e Filippo la solida e totale unione dei coniugi Beltrame Quattrocchi nel vivere la santità matrimoniale, fu rappresentata dalla quarta gravidanza.
Uno specialista consultato per i frequenti problemi che ne complicavano il decorso, diagnosticò una placenta previa che, all’epoca, 1913, sostanzialmente, era una condanna a morte se non per entrambi, certamente per la mamma. Unico consiglio fu quello di interrompere immediatamente la gravidanza stessa, con parole anche dure: «Avvocato lei si dispone ad avere un figlio ma a rimanere vedovo!». Luigi, che era passato dal non entrare in una Chiesa a comunicarsi con frequenza, guidato in questo da Maria, non ebbe un attimo di dubbio nel concordare alle intenzioni della moglie: Dio aveva donato loro quel bambino e certamente non sarebbero stati loro a impedirgli di venire al mondo per compiere il progetto divino che gli era stato affidato.
Quanto possa esserci stato di miracoloso non lo sappiamo, certo è che la bambina, Enrichetta, nacque sana e la mamma ebbe la possibilità di vederla crescere, anzi Enrichetta fu la figlia che le rimase sempre accanto.
L’EPIDEMIA DI SPAGNOLA
Il secondo esempio di cristiano amore si verificò durante l’epidemia di “spagnola”. Due amici dei Beltrame contraggono il virus e muoiono a distanza di pochi giorni, lasciando tre figli piccoli, l’ultima di appena un mese. Luigi e Maria non hanno tentennamenti nell’accogliere in casa loro questi tre figli aggiuntivi, nonostante l’inevitabile timore per i propri quattro e per gli anziani genitori Corsini che coabitavano.
I bimbi Beltrame assorbivano, così, un concetto semplice e reale, non ci si salva da soli e il Signore ci dà la forza per compiere la Sua volontà.
IMPROVVISAMENTE TRE VOCAZIONI ALLA VITA CONSACRATA
In estate spesso Luigi rimaneva a Roma per lavoro, mentre Maria e i figli trascorrevano del tempo in vacanza, qualche volta al mare, altre volte in campagna o in collina. Nel ’22, Maria era a Montepulciano, Filippo era stato rimandato. Nel febbraio di quello stesso anno, Filippo, già aveva comunicato ai genitori il desiderio di farsi sacerdote.
Era consueto per Maria e Luigi, scambiarsi una fitta corrispondenza e, attraverso questa, Maria notò una certa velatura da parte di Luigi e questo la indusse a sollecitare in Luigi una diversa impostazione, così scrisse: «Non ti rilasciare spiritualmente: se manchi di vigilanza, la tiepidezza ti coglie; eppoi lo scoraggiamento, eppoi tante altre miseriucce… le quali sono come una barriera crescente cominciata con un sassolino, ed elevantesi a poco a poco fra te e me: quel che è peggio, fra te e Dio» Si coglie qui la materna sollecitazione che ogni moglie o marito, dovrebbe avere nei confronti del coniuge che mostra di rallentare nel cammino fino a fermarsi. Sollecitazione che, parimenti, sarà destinata ai figli. Questo tipo di sollecitazioni erano più frequenti da parte di Maria, che considerava il coniuge come il “figlio maggiore”, ma Gino non aveva nessuna difficoltà a aderirvi velocemente. Quanto fossero queste dinamiche evidenti ed efficaci nella lettura da parte dei figli è essenziale nel comprendere quale fosse il fulcro educativo nella famiglia Beltrame Quattrocchi. Come già detto nel febbraio del 1922 Filippo accenna alla madre il desiderio di farsi sacerdote, ma poi anche Cesare e infine anche Stefania/Fanny. I Beati nulla fecero per dissuadere dai loro propositi, e dobbiamo immaginare che in una famiglia dell’epoca non sarebbero certamente state queste le aspettative, addirittura su 4 figli 3 decidono di consacrarsi. Eppure, l’unica premura di Maria e Luigi fu che si trattasse di vocazioni certe, frutto di personali convincimenti e che non ci fossero induzioni esterne o emulazioni, dopo di che, anche per gli stessi figli, la Volontà di Dio avrebbe ben lenito qualsiasi sacrificio e qualsiasi rinuncia.
Maria, che, ricordiamo, si era assunta in prima persona il gravoso compito di accompagnare i figli nella vita, in questo sostenuta, assistita, sollecitata da Luigi, aveva cercato, soprattutto, di ispirare il coraggio di seguire Gesù in ogni modo e in ogni campo, su qualunque via Egli avesse deciso di chiamare. Luigi dimostrava, a suo modo, quale fosse il dovere di un buon padre di famiglia, esercitando il suo impegno lavorativo in modo totalmente cristiano, i suoi colleghi gli riconoscevano una giustezza morale assoluta e si rivolgevano a lui per ogni dubbio nella certezza di trovare un equilibrio e una saggezza che non trovavano in altri. Luigi, del resto, non nascondeva quale fosse il suo méntore, propagandando l’Eucarestia che egli frequentava quotidianamente (e i figli ben sapevano che l’inizio della giornata dei genitori era in Chiesa e che solo dopo l’Eucarestia essi si davano il buongiorno).
I figli, d’altra parte, hanno, ciascuno, un carattere ben distinto e Maria, in modo speciale, si preoccupava di non sopprimerlo, né, tantomeno, sostituirlo con uno più vicino all’ideale. Maria e Luigi erano attenti a correggere e modificare, poco alla volta, con dolcezza e attenzione, affinché i talenti di ciascuno potessero emergere in tutta la loro lucentezza, ognuno secondo le proprie possibilità, un’opera lunga e delicatissima.
I piccoli Beltrame hanno consapevolmente verificato che la conoscenza di sé è una base della quale non si può fare a meno. Anziché mettere tanto impegno a giudicare il prossimo, occorre mettere coraggiosamente sé e non gli altri di fronte al dovere, e domandarci, con lealtà piena e completa, come ci comportiamo realmente riguardo all’adempimento di esso. Conoscere sé stessi è condizione prima, indispensabile per conseguire il proprio bene spirituale, Dio ci ha comandato di amare il prossimo come noi stessi, perché l’uomo è fatto per vivere in società.
Maria e Luigi contribuirono a far splendere il matrimonio, lei negli scritti e negli insegnamenti portati, per la prima volta, nei corsi per fidanzati, da loro introdotti nella Chiesa, lui nella continua evangelizzazione nell’ambiente lavorativo e sociale, ma anche nell’esperienza scoutistica della quale fu uno dei primi seguaci in Italia. Il matrimonio venne presentato dai coniugi Beltrame Quattrocchi qual esso è realmente nel progetto divino, un progetto che non può vedere prevalenza, o addirittura sopraffazione, maschile un progetto nel quale il termine sottomissione non è un atto di rinuncia alle proprie capacità e al proprio pensiero ma un porsi a pieno e totale fondamento di una costruzione complessa e mirabile come il matrimonio, unico luogo nel quale i talenti di ciascuno vengono riconosciuti e moltiplicati secondo il progetto divino, non per se stessi ma per l’umanità intera. Viene dato, così, un senso al significato del matrimonio come sacramento, mai sufficientemente compreso e, purtroppo, poco celebrato nella sua pienezza, ancora oggi, e poco valorizzato, anzi talvolta sminuito, nella sua importanza persino nella Chiesa e dalla Chiesa.
CONCLUSIONI
Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, vissero in un’epoca nella quale il ruolo materno era considerato, tutto sommato, marginale nell’educazione dei figli, in special modo per i figli maschi che dovevano rapportarsi in tutto e per tutto alla figura paterna. Maria ebbe addirittura l’ardire di scrivere e pubblicare un libro sull’educazione dei figli nel quale evidenziava, perdipiù, la necessità che fosse la madre ad accompagnare, sostanzialmente, la crescita fino alla gioventù dei figli, tutti, anche nell’educazione alla sessualità, dovendo rappresentare quest’ultima non lo sfogo di una necessità animale ma la fonte della santità coniugale nel proseguire l’azione creatrice divina, attraverso la realizzazione del comando, consolidato da Cristo, dell’unione “in uno”.
Un modello educativo che deve portare, con naturalezza, i figli ad amare il padre e, attraverso proprio la sua figura, amare Dio. Luigi e Maria non si sono mai considerati singolarmente educatori ma si sono visti santificati nel sacramento come accompagnatori, protettori e adiutori della prole, uniti in modo perfetto e assolutamente inseparabile. Solo in questo modo hanno potuto rispondere alla chiamata di Dio che gli chiedeva di aiutare a portare alla luce (ex-ducere) i talenti dei quali Lui stesso aveva dotato i loro quattro figli, senza null’altro aggiungere. Luigi e Maria hanno compreso, attraverso la vita vissuta nei sacramenti e nella preghiera, che i figli hanno bisogno di essere vestiti, protetti, riscaldati e per questo si sono fatti loro stessi stoffa, che non doveva e non poteva modificare l’essere che Dio aveva voluto. Non è un caso che Maria, dopo la morte del suo adorato marito abbia definito le loro due esistenze come l’ordito e la trama che non hanno utilità e sostegno se prese singolarmente ma che possono diventare un fantastico e meraviglioso tessuto se si lascia lavorare il tessitore. Il motto di Maria è «guardare tutto dai tetti in su»
I figli sono doni dell’amore di Dio per l’umanità e non per chi li procrea, giacché proprio in questo verbo è racchiuso il giusto significato, “creare al posto di”, Dio ci ha dato la possibilità di continuare la sua opera creatrice, la possibilità di accogliere questi doni come i talenti della parabola e trovare il modo di farli fruttare perché chi ce li ha donati ne possa godere i frutti da distribuire secondo la Sua misericordia.
