Famiglia Ulma
Marina Olmo
Buongiorno a tutti. Grazie della possibilità offertami di parlare di una famiglia che ha vissuto in modo semplice ma determinata dalla fede. Per improvvisi impegni, nessuno dei due autori del libro sulla famiglia Ulma ha potuto essere presente. Io collaboro con il Dicastero della Comunicazione e ho tradotto dal polacco le parti scritte da don Pawel Rytel Andrianik e ho supervisionato la traduzione inglese. Per questo mi è stato chiesto di raccontare io la loro storia.
Chi è la famiglia Ulma?
Era una famiglia di contadini abitante a Markowa, un villaggio nella zona sud-orientale della Polonia, composta dal padre Jozef, dalla madre Wiktoria e dai loro 6 figli, più uno in arrivo. La loro semplice accoglienza di chi era in difficoltà li ha condotti a una morte prematura.
Ma chi sono?
Józef Ulma, il capofamiglia, nasce il 2 marzo del 1900 a Markowa da genitori anch’essi contadini profondamente credente, che educò i 4 figli cristianamente. Józef frequenta la scuola fino alla classe 4 elementare. Da giovane adolescente è attivamente impegnato nel mondo cattolico locale. Con un temperamento vivace, costantemente occupato in qualcosa, è solidale e comprensivo con chi si trova in difficoltà, è capace di sacrificarsi per gli altri, è lungimirante e acuto.
Nel 1921 svolge il servizio militare, al termine del quale si iscrive alla Scuola agraria ottenendo eccellenti risultati. È infatti un tipo geniale, un agricoltore all’avanguardia per i suoi tempi, ad esempio introduce soluzioni innovative nel coltivare la frutta e gli ortaggi, nell’apicoltura e nell’allevamento dei bachi da seta. Quest’ultima attività aveva addirittura suscitato l’interesse del principe Andrzej Lubomirski tanto che si era recato personalmente in visita alla fattoria degli Ulma per vedere le novità realizzate in questo settore.
Parallelamente all’attività nei campi, cresceva anche il suo impegno sociale. Erano gli anni in cui nascevano in Polonia i primi enti di mutuo soccorso legati al mondo della cooperazione. Per un periodo fu, tra l’altro, il capo della Cooperativa dei produttori di latte di Markowa. Fu anche bibliotecario del Circolo cattolico contadino giovanile, nel cui ambito fu presidente della locale Sezione di Educazione Agricola. Realizzò per esempio un’attrezzatura per rilegare i libri, un apparecchio per catturare le onde radio, un piccolo mulino a vento elettrico per caricare e accumulare energia. Grazie a questo gli Ulma furono tra le prime famiglie di Markowa a sostituire le lampade a cherosene con quelle elettriche.
Ma la sua passione è la fotografia. Lui stesso assemblò la sua prima macchina fotografica con i pezzi disponibili, attingendo dalle istruzioni rintracciate nei libri e nei periodici specializzati che si era procurato negli anni. Grazie a questa sua passione ci sono rimaste molte fotografie, sia della vita quotidiana familiare, sia del villaggio, perché veniva chiamato ad immortalare momenti particolari, come i matrimoni, le feste di paese, ecc.
Anche la moglie Wiktoria Niemczak nasce a Markowa il 10 dicembre del 1912. È la settima figlia di ben quattordici figli sette dei quali morti prematuramente. Wiktoria perde la mamma quando aveva solo sei anni e fu cresciuta dalla nonna
C’era una regola nella famiglia di Wiktoria: non si poteva lasciare uscire di casa nessuno che fosse venuto a chiedere aiuto, senza prima avere fatto qualcosa per aiutarlo. Questa sensibilità e attenzione verso i bisogni degli altri, appresa in quegli anni di vita nella sua famiglia di origine, la accompagnerà sempre.
Wiktoria frequenta la scuola popolare, ottenendo buoni voti, compreso quello per lo studio della lingua tedesca, e partecipa poi anche ai corsi dell’Università popolare, rivelando una sensibilità artistica: disegna e recita nel teatro della parrocchia. Ha un carattere probabilmente abbastanza riservato, dedita alla casa e alla famiglia, una persona solare e accogliente. Jozef la stimava così tanto che le decisioni importanti le prendevano insieme e lui era sempre un passo dietro di lei, lui che era un genio!
Józef e Wiktoria si sposano nel 1935 nella chiesa parrocchiale di Markowa. Lui aveva trentacinque anni e Vittoria dodici di meno, una circostanza abbastanza consueta per l’epoca.
La famiglia cresceva rapidamente, educata cristianamente; desideravano trasmettere ai loro figli la fede che avevano ricevuto. Non erano ricchi, vivevano in una capanna di legno costruita da Jozef e vivendo del loro lavoro. Con l’arrivo dei figli Józef e Wiktoria pensarono di comprare un terreno più grande da coltivare e dove costruire una casa più grande per la loro numerosa famiglia. Avevano anche cominciato ad accatastare la legna che sarebbe servita per la nuova costruzione.
Stasia nasce 1936, un anno dopo il loro matrimonio, poi Basia nel 1937, Władziu 1938, Franio nel 1940, Antoś nel 1941 e la piccola Marysia, nel 1942. Gli Ulma avevano tanti amici e la loro casa era un continuo via vai perchè spesso qualcuno veniva a trovarli.
Il quadro storico
Nessun altro Paese durante la Seconda guerra mondiale è stato così sottomesso dalla Germania, per un tempo così lungo e in modo così devastante in termini di distruzione della popolazione e danni materiali come la Polonia. I tedeschi nazisti trattarono la Polonia per più di cinque anni come terreno di prova per il genocidio di massa, il terrore e il saccheggio dei beni.
La Germania invase la zona occidentale della Polonia il 1° settembre 1939 e il 17 settembre 1939 a sua volta l’Unione Sovietica invase la Polonia dalla parte orientale
Nell’ottobre 1939, i tedeschi divisero i territori occupati della Polonia. Le aree al confine con la Germania, che appartenevano alla Germania prima della Prima guerra mondiale, e quelle che erano economicamente preziose furono incorporate nel Terzo Reich. Negli altri territori crearono il cosiddetto Governatorato Generale che doveva essere un serbatoio di “subumani” e servire la Germania come forza lavoro a basso costo. Fu abolita l’istruzione polacca, la stampa e gli intellettuali furono uccisi o inviati nelle prigioni e nei campi di lavoro. Vennero introdotte le leggi razziali, confiscati i beni degli ebrei, bruciate le sinagoghe e le biblioteche ebree.
Nei territori occupati a est, i russi effettuarono la pulizia etnica e trasportarono ebrei e polacchi nelle regioni più periferiche della Russia, in particolare in Siberia e in Kazakistan. Allo stesso tempo trasferirono persone delle popolazioni locali, che abitavano nelle zone più sperdute della Russia, nei territori occupati all’interno dei confini della Polonia.
Nel giugno 1941, le truppe tedesche, occupando l’Unione Sovietica, invasero i territori orientali della Polonia, da dove i sovietici si ritirarono. Venne decretato che le persone che consapevolmente avessero aiutato in qualunque modo gli ebrei erano soggette alla pena di morte. Queste persone venivano giustiziate in luoghi pubblici, nel centro delle città, un modo per terrorizzare e dissuadere chiunque dall’aiutare la popolazione ebraica.
A Markowa
A Markowa vivevano 30 ebrei, che facevano una vita normale, mescolati agli altri abitanti del Villaggio. Alcune famiglie ebree erano vicine di casa degli Ulma e con loro Józef commerciava gli ortaggi da lui coltivati, vendeva il cuoio che aveva imparato a conciare in un piccolo angolo della casa che fungeva da laboratorio. Fu quindi naturale decidere di aiutarli quando furono in pericolo a causa della persecuzione nazista. Gli Ulma erano perfettamente consapevoli del rischio di venire uccisi per l’aiuto agli ebrei, ma decisero lo stesso di aiutare, perché sono persone. Le finestre della loro casa si affacciavano sulla cosiddetta “trincea”, cioè il luogo dove gli ebrei venivano fucilati. Nonostante ciò, non esitarono a dare rifugio ai perseguitati. In quella piccola casa di due stanze gli Ulma ospitarono otto persone ebree ricercate dai tedeschi offrendo, per oltre un anno e mezzo, la loro soffitta come nascondiglio. Inoltre aiutarono altre quattro donne ebree. Józef Ulma preparò un nascondiglio per loro, e Wiktoria portava loro regolarmente il cibo. Purtroppo anche queste donne furono trovate il 13 dicembre 1942 e fucilate il giorno dopo dai tedeschi. Anche altre famiglie di Markova nascosero gli ebrei, che ebbero maggiore fortuna e si salvarono.
Fu quindi una scelta legata all’amore cristiano e alla volontà di mettere in pratica il Vangelo. Nella Bibbia trovata nella loro casa, si trovano due sottolineature: “Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete?» (Mt 5), e la parabola del buon samaritano (Lc10) al cui lato è scritto “Si”. Proprio quest’ultimo particolare è quello che ha reso questa famiglia nota come “i samaritani di Markowa”.
24 marzo 1944
Nella notte tra il 23 e il 24 marzo del 1944 arrivarono presso la casa della famiglia Ulma una decina di militari comandati tenente Eilert Dieken. Circondarono la casa per evitare che qualcuno fuggisse. I testimoni di allora, tra cui uno dei gendarmi, Józef Kokott, di ventitré anni, di origine ceca, affermarono che l’assassinio di tutte le persone che erano nella casa fu condotto in maniera sistematica perché nessuno si doveva salvare, neanche i bambini.
Józef Ulma e sua moglie Wiktoria, che era incinta del settimo figlio ed era ormai prossima al parto, furono costretti ad uscire davanti alla loro casa. Furono portati nel cortile e uccisi immediatamente, senza che avessero il tempo di dire neanche una alcuna parola. L’assassinio a bruciapelo voleva dimostrare agli abitanti del villaggio di Markowa quale punizione sarebbe spettata a tutti coloro che decidevano di provavano a nascondere gli ebrei. Eilert Dieken ordinò poi di uccidere anche i bambini. Nel giro di pochi minuti persero la vita diciassette persone, compreso il bambino che Wiktoria aveva in grembo e che iniziò il travaglio, probabilmente per lo spavento di Wiktoria, proprio nel momento dell’esecuzione.
I corpi degli assassinati furono gettati nelle due fosse scavate nel cortile della casa. Lo spettacolo era terribile. L’abitazione fu saccheggiata.
All’allora capo villaggio di Markowa, fu ordinato di seppellire le vittime con l’aiuto di altri residenti. Il capo villaggio trovò il coraggio di chiedere al tenente tedesco perché tra le vittime ci fossero anche i bambini. La risposta fu: “Perché tu e il tuo villaggio non abbiate problemi con loro”.
Quando uno del gruppo degli abitanti, chiamato a seppellire i diciassette corpi martoriati chiese se potessero seppellire separatamente gli ebrei e i cattolici, i gendarmi si innervosirono ma poi acconsentirono e gli abitanti scavarono una fossa per gli Ulma e una per gli ebrei.
Qualche giorno dopo, alcuni vicini degli Ulma, rischiando una nuova rappresaglia da parte dei nazisti, si recarono sul luogo della strage per riesumare i corpi e comporli in alcune bare. Diversi uomini, tra cui i parenti di Jozef e Wiktoria, arrivarono sul luogo dell’esecuzione di notte, esumarono i corpi sepolti in fretta e furia e li sistemarono in bare fatte con parti di assi che Jozef Ulma aveva raccolto per costruire la nuova casa. Le bare furono sepolte nello stesso luogo con l’idea di spostarle in futuro nel cimitero parrocchiale. Uno di questi uomini testimoniò al processo: “Inchinandomi verso il cadavere di Wiktoria Ulma, ho verificato che era gravida. Baso questa affermazione sul fatto che dai suoi organi riproduttivi erano visibili la testa e il petto di un bambino”.
Riconoscimenti
Nel 1995 Józef e Wiktoria Ulma sono stati insigniti post mortem della medaglia di Giusti tra le nazioni e nel 2010 il presidente polacco Lech Kaczyński ha conferito loro, postuma, la Croce di Comandante dell’Ordine della Polonia Restituta, una delle onorificenze più prestigiose nel Paese.
Dal 2018, il 24 marzo giorno della morte della famiglia Ulma, viene celebrato come la Giornata nazionale del ricordo dei polacchi che salvarono e aiutarono gli ebrei durante l’occupazione tedesca.
Il 10 settembre 2023 il Santo Padre Francesco li ha beatificati. Si tratta della prima famiglia beatificata tutta intera, compreso l’ultimo bimbo che al tempo dei fatti, non era ancora nato. È la prima volta nella storia della Chiesa che si beatifica un bambino non ancora nato, di cui non si conosce il sesso né il nome. Questo è un caso molto singolare – ha spiegato il cardinale Semeraro, Prefetto del Dicastero per le cause dei santi, in occasione della beatificazione – che facendo riferimento a un episodio evangelico, possiamo chiamare Battesimo di sangue. Penso, per un caso simile, a quello dei Santi innocenti. Anche questa creatura, come fu trovata nella fossa comune dopo l’eccidio (la testa e parte del corpo era fuoriuscita da Wiktoria), è stata ritenuta meritevole di martirio”, ha concluso il Card. Semeraro. E’ quindi il più giovane martire della Chiesa che richiama il valore della vita dal momento del concepimento.
