Santi Louis e Zélie Martin

Prima coppia canonizzata nella storia della Chiesa (2015), Luigi e Zelia Martin sono cristiani del XIX secolo che, a prima vista, non si distinguono dagli altri cristiani. Durante la loro vita non hanno fondato congregazioni né compiuto «miracoli». Entrambi hanno vissuto l’avventura della santità, testimoniando il Vangelo nella quotidianità, attraverso le prove e le gioie della loro vita di coniugi cristiani, genitori e artigiani professionisti.

La forza della loro testimonianza è quella di rendere credibile l’accesso alla santità per tutti, a prescindere dallo stato di vita, dall’età, dalla condizione sociale. Essi demistificano il concetto di «essere santi». Questa è una buona, una buonissima notizia per le coppie che desiderano mettere Dio al centro della loro vita, così com’è, e gustare quanto sia bello servirLo in tutte le cose. E, di conseguenza, di fare di questo obiettivo supremo il motore educativo di tutta una vita. È qui che risiede la particolarità della loro «educazione». Perché amare Dio in verità significa anche trascinare, condurre gli altri a Lui con lo slancio di tutta la propria vita. Condurre a Lui, educare nel senso primo del termine…

Per chiarire la dimensione totalizzante dell’educazione alla santità dei genitori Martin, illustrare il loro carisma educativo che permise loro di guidare i figli sulla via della santità – e anche di attirarvi i loro cari -, mi concentrerò su tre punti:

–    La loro vita familiare

–    La loro vita professionale

–    Il loro impegno ecclesiale aperto al mondo

Louis e Zélie, educatori nella loro vita familiare

«I nostri figli erano tutta la nostra felicità», scrive Zélie (4 marzo 1877).

Louis e Zélie erano d’accordo nell’educare i loro figli «per il Cielo», secondo un’espressione di Zélie. Non vediamo in questo alcuna forma di utopia, illuminismo o fobia del mondo. Forti del dinamismo della loro fede, in conformità con essa, Zélie e Louis intendono risvegliare nei loro figli ciò che, ai loro occhi, è semplicemente il fine dell’esistenza umana: Dio, il suo Regno, «il Cielo». Quello è il fulcro educativo di Zélie e Louis, pienamente in linea con il loro motto: «Dio al primo posto». Vivere il primato spirituale di Dio, vivere nella speranza del Paradiso, coinvolgere i propri figli, educarli, crescerli «per il Paradiso»: cosa c’è di più logico?

Uno degli elementi essenziali di questo ideale di vita è, senza sorpresa, la preghiera, l’apprendimento della preghiera. Mattina e sera, i figli di Martin si riunivano per pregare, per imparare ad ascoltare il mistero del Dio vivente, a parlargli con semplicità e sincerità di cuore, ad essere ricettivi alla sua Presenza e alla sua chiamata.

Parallelamente alla preghiera comune, c’era la partecipazione alla celebrazione dei sacramenti, in particolare al sacramento dell’Eucaristia (su questo tornerò più avanti). Louis e Zélie si dedicavano anche alla lettura della vita dei santi. E come un profumo evangelico di tutte queste pratiche, coltivavano anche una risoluta apertura allo spirito di carità e umiltà. In che modo? Attraverso l’attenzione ai più poveri, alle persone in difficoltà. Cfr. la recente esortazione apostolica di Papa Leone XIV, Dilexi te…

Un esempio, tra tanti altri… Eloquente di audacia spontanea ed empatia verso i più vulnerabili. Avanzando nella stazione, Louis incontra un epilettico incapace di pagare il biglietto del treno. Cosa decide di fare? Va a mendicare. Non esita a chiedere l’elemosina per il povero nel modo più semplice ed efficace. Tende il cappello ai viaggiatori presenti intorno a lui e riesce a raccogliere la somma necessaria. Una volta acquistato il biglietto, accompagna e fa accomodare lui stesso il malato nel vagone.

Più fondamentalmente, Zélie e Louis educano i loro figli all’apprendimento del dono di sé attraverso il risveglio di un rapporto vivo, personale e volontario con Gesù, indipendentemente dalle circostanze – ciò che Teresa tradurrà con la formula tipicamente salesiana «fare piacere a Gesù», in particolare nelle cose apparentemente più insignificanti.

Educare alla santità nella loro vita professionale

Louis si orientò verso il mestiere di orologiaio. Zélie verso quello di merlettaia. Ben affermati nella loro attività professionale al momento del loro matrimonio (1858), entrambi formavano una coppia di imprenditori moderni per l’epoca.

Louis era «fondamentalmente onesto e coscienzioso», ricorda Marie, la figlia primogenita. Nella sua oreficeria-gioielleria, non avendo commessi, svolgeva lui stesso tutto il lavoro: accoglieva i clienti, riparava orologi da parete e da polso, sia nel suo negozio che a domicilio. La sua paziente attenzione verso i clienti, l’eccellenza del suo lavoro e la sua mansuetudine nei confronti di tutti gli valsero una reputazione di santità. Diverse testimonianze dei clienti lo confermano, definendolo “il santo Monsieur Martin”.

A partire dal 1863, anno in cui Zélie dà alla luce Léonie, la sua terza figlia, Louis affianca più attivamente la moglie nella sua attività commerciale.

Oltre a garantire un salario equo che i Martin pagano puntualmente ai propri dipendenti, Zélie coltiva un clima di armonia familiare all’interno della sua azienda, che darà lavoro a 18 operaie a domicilio. Molte di loro ringraziano Zélie per la sua benevolenza. Numerose amicizie nascono durante e oltre l’orario di lavoro svolto in stretta collaborazione.  Anche questo è “educare”: affermare la probità e l’integrità nella loro attività professionale, favorendo un clima di armonia e fiducia con i propri dipendenti. Di questo testimonieranno le figlie Martin. Ognuna di loro ne conserverà un ricordo vivo. Un altro aspetto educativo della loro madre.

Educare attraverso un impegno ecclesiale aperto al mondo

Questo è uno dei punti fondamentali della fede evangelica di Luigi e Zelia. Il loro amore per Dio non poteva essere confinato alla sola sfera della preghiera e dei rituali liturgici. Si affermava anche attraverso un coinvolgimento socio-ecclesiale. Come separare la comunità in cui affonda le sue radici la nostra fede cristiana dalla società in cui affondano le nostre radici di cittadini? Zélie e Louis si inseriscono naturalmente, sull’esempio e sulla scia di Gesù Cristo, nel slancio di un’Incarnazione continua, qui e ora, della loro esistenza. L’educazione dei loro figli ne sarà fortemente influenzata. Essa risplenderà di quel realismo spirituale fondato sul Vangelo, caratterizzato da una risoluta apertura verso i più poveri, da un impegno in varie associazioni di pietà e carità. In che modo, concretamente? Zélie era affiliata al Terzo Ordine di San Francesco d’Assisi e ad altri movimenti di devozione al Cuore di Gesù. Louis faceva parte della Società del Santissimo Sacramento e della Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli fondata da Frédéric Ozanam. Era anche membro dei Circoli Cattolici creati da Albert de Mun, sensibili alla miseria del mondo operaio. Ciò testimonia la consapevolezza di Luigi e Zélie nei confronti delle problematiche sociali del loro tempo. Tuttavia, il loro impegno non si manifestava solo attraverso l’affiliazione ad associazioni di pietà, l’adesione ai movimenti allora in voga del cattolicesimo sociale e le donazioni a opere di beneficenza.

I coniugi Martin manifestano anche una spontanea sollecitudine nei confronti dei più bisognosi che incontrano sul loro cammino. Abbiamo citato il toccante esempio dell’epilettico aiutato da Louis alla stazione ferroviaria… Un altro episodio, tra i più significativi, è quello di un povero senzatetto anziano, soccorso una domenica del 1876, al ritorno dalla messa. I Martin gli si avvicinarono offrendogli prima delle scarpe, poi la cena. In seguito, si presero cura di lui al punto da ottenere il suo ingresso in un ospizio, non senza numerose pratiche svolte con tenacia da Louis (lettere, petizioni…). Zélie aveva preso l’abitudine di visitare, con discrezione, «famiglie povere con pentole sul fuoco, bottiglie di vino e monete da quaranta centesimi, e nessuno lo sapeva tranne noi due», testimonia Louise Marais, ex domestica dei Martin, che accompagnava Zélie in queste visite ai più svantaggiati dal punto di vista sociale.

Questo fuoco della carità in azione trovava nell’Eucaristia il segreto del suo ardore. L’Eucaristia era anche il luogo fondamentale del rinnovamento spirituale della coppia Martin. Infatti, salvo rare eccezioni, Louis e Zélie andavano a messa tutti i giorni. Dopo la morte della moglie, pur non esercitando più alcuna attività professionale, Louis continuò ad andare alla messa delle sei del mattino. E quando le figlie gli chiesero il motivo, egli rispose: «Perché è la messa dei poveri e degli operai», che vi assistono prima di andare al lavoro. Una risposta piena di verità eucaristica che Louis viveva profondamente: una solidarietà di cuore con i più bisognosi all’interno della loro stessa comunità, il loro comune.

Ci sarebbero molti altri fatti da menzionare in cui Zélie e Louis hanno dato prova di un esempio evangelico, in particolare nella prova della malattia, della vedovanza e della morte. Non cerchiamo altrove il segreto del talento educativo di cui hanno dato prova.

Pensiamo alla commovente serenità di Zélie, alla sua forza d’animo che incoraggia i suoi cari, nonostante sia affetta da un tumore al seno che la porterà alla morte.

Pensiamo alla costanza spirituale di Louis nel dare un senso alla sua debolezza fisica e mentale alla fine della sua vita, durante e dopo la sua degenza all’ospedale Bon Sauveur di Caen. L’esempio commovente di Louis dimostra che l’alterazione psichica e la diminuzione delle forze fisiche possono anche essere un percorso di resilienza per vivere la dinamica dell’amore, della speranza e della fede nell’Eternità. Qui risiede la rettitudine etica e la fecondità spirituale dell’educazione che ha impartito alle sue figlie e della sua testimonianza di santità.

A partire dalla loro vita coniugale, familiare, ecclesiale e socio-professionale, Luigi e Zelia, in quanto cristiani, hanno fatto della loro quotidianità il centro della loro posizione educativa. Perché la loro esistenza era, giorno dopo giorno, lo spazio della bontà ricevuta da Dio; e di questa bontà divina, entrambi hanno fatto un’opera di apprendimento della santità nella vita quotidiana. Non cerchiamo altrove l’anima dell’educazione che hanno impartito alle loro figlie.

La santificazione ricevuta e l’educazione impartita sono inseparabili. Da qui l’esemplarità perenne della santità di Zélie e Louis. «Parla di Dio solo se ti viene chiesto, ma vivi in modo tale che ti venga chiesto» (Francesco di Sales). Louis e Zélie hanno vissuto in modo tale da toccare e interrogare i loro cari. Continuano ancora oggi a interrogare coloro che si avvicinano alla loro vita così semplice. Così semplicemente evangelica.

Trascendente in ogni tempo, la santità di Zélie e Louis è adatta al nostro XXI secolo perché è in sintonia con il cuore del Vangelo nella quotidianità della vita. Ma qual è il cuore del Vangelo? Che in tutte le cose si tratta di amare, credere, sperare nella presenza di Gesù Cristo. Questi tre atti, ieri come oggi e domani, condensano il futuro essenziale della vita umana e della sua salvezza. Zelia e Luigi ce lo ricordano con la forza e la semplicità del loro attaccamento a Dio, che era «l’anima» del loro amore reciproco, del carisma pedagogico di un’educazione incentrata sulla chiamata alla santità.

La loro esistenza è davvero un libro di vita, fonte di ispirazione per ogni discepolo di Cristo e per ogni famiglia cristiana di oggi.  

Due punti sono già stati approfonditi nelle precedenti conferenze: la carità e l’educazione nella famiglia Martin. Vale a dire la trasmissione in famiglia dell’essenziale: l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Cosa dire allora della santità nella famiglia Martin?

Il desiderio di santità dei genitori

È certo che la santità non viene per forza data al momento della nascita. Il desiderio di santità è già manifestare la fede nell’amore di Dio che ci chiama a vivere con Lui nell’eternità. Il desiderio di santità è già la nostra risposta personale alla volontà di Dio: «Padre, voglio che dove sono io, siano anche loro con me, perché questa è la tua volontà», dice Gesù

«Chi è mio fratello, mia sorella, mio padre, mia madre…?» chiede Gesù alla folla radunata intorno a lui. «Chi è la mia famiglia?» avrebbe potuto dire… E dà la risposta: «Chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli». Ecco una sintesi di ciò che fu la famiglia Martin. Qual è la volontà di Dio su di loro? Dovranno cercarla, con flessibilità.

Cercare la volontà di Dio

Volevano essere santi, e nei calendari dell’epoca figuravano essenzialmente sacerdoti, religiosi e suore. Così entrambi cercarono di condurre una vita religiosa. A quanto pare, sembra che entrambi abbiano sbagliato prendendo una strada che non era quella scelta da Dio. In realtà, è lo spazio di libertà che Dio ci lascia per discernere: ma Egli veglia e ci parla attraverso gli eventi. Quindi, no, non faranno i voti religiosi, condurranno, nel mondo, una vita… “normale”, se così si può dire, di coniugi e genitori, con i loro figli.

Avranno nove figli, sette femmine e due maschi. Solo cinque figlie sopravviveranno: Marie e Pauline, che nasceranno a un anno di distanza l’una dall’altra, poi Léonie, che la morte dei fratelli più piccoli isolerà dal resto delle altre, poi Céline e Thérèse.

Louis e Zélie sono cresciuti in famiglie molto cristiane. Quando Louis sarà studente, sua madre gli scriverà raccomandandogli di rimanere umile! E quanto lo era! Zélie Guérin, invece, era piuttosto rigorosa nell’osservanza, al punto che la signora Guérin, sua madre, che aveva aperto un bar per guadagnare un po’ di soldi, dovette chiudere l’attività: sì, perché lei faceva la predica agli uomini che venivano a ordinare un buon bicchierino! Forse si aspettava che venissero solo a chiedere una cioccolata calda! Zélie ha sofferto per la sua educazione troppo severa.

Al momento del loro matrimonio, Louis e Zélie sono persone mature. Entrambi lavorano e sono persino imprenditori autonomi; Louis è artigiano orologiaio-gioielliere; Zélie si occupa di pizzo, e non di pizzo qualsiasi: uno dei più apprezzati nelle corti reali dell’epoca. Siamo negli anni 1850-70.

– Zélie, dissuasa dalla sua “vocazione” dalla superiora delle Figlie della Carità dell’ospedale, si orientò risolutamente verso il matrimonio, affidando a Dio il compito di metterle sulla strada il marito desiderato. Louis, comprendendo che la vocazione dei Padri del Gran San Bernardo non fa per lui, è quindi determinato a vivere con fede altrettanto viva, con il sostegno del parroco e dei suoi amici della parrocchia, una vita intensa di lettura, meditazione, preghiera, alla quale aggiungerà la pesca sulle rive della Sarthe, sotto le finestre della villetta che ha acquistata come centro di ritiro.

Zélie vive con i suoi genitori, con la sorella maggiore che la affianca nel suo lavoro occupandosi della parte amministrativa, e con un fratellino molto piccolo. Louis ha un appartamento tutto suo, sopra la sua orologeria, abbastanza grande da ospitare i suoi genitori, in lutto per gli altri tre figli. Accoglie anche un giovane nipote orfano.

Il matrimonio

Ed ecco che un giorno Zélie e Louis si incontrano su un ponte della loro città, Alençon. Zélie si commuove sentendo dentro di sé la certezza che quel bel giovane è colui che Dio ha preparato per lei. Per quanto riguarda Louis, non sappiamo altro, ma dobbiamo dedurre che quel giorno non era distratto, o comunque che aveva un’anima molto flessibile sotto l’influenza dello Spirito Santo, poiché tre mesi dopo si sposarono.

La cerimonia si svolse a mezzanotte (da notare la dedizione del sindaco e del parroco). Questo evitò loro le solite formalità, ma soprattutto, tenevano a ricevere la comunione durante la messa nuziale e, a mezzanotte, si azzerava il tempo da rispettare per il digiuno. Si sono sposati “sotto il velo”, cioè nel momento del consenso degli sposi, i testimoni hanno steso un velo sopra di loro, a significare la presenza dello Spirito Santo, testimone supremo e impegnato nella loro nuova vita di coppia. Louis offre alla moglie una medaglia che raffigura Tobia e Sara, la coppia biblica che, la prima sera del matrimonio, si affidò completamente alla volontà di Dio. Scelgono un motto come guida per tutta la loro vita: «Dio al primo posto». Si sforzeranno quindi di discernere ciò che Dio vuole per loro, con l’aiuto dello Spirito Santo e appoggiandosi sulla lettura del Vangelo e sui comandamenti della Chiesa: così la volontà di Dio sarà il motore di tutte le loro decisioni, di tutte le loro azioni.

Collegare gli uomini a Dio

La prima priorità è ovviamente quella di vivere in collegamento con Dio. Il giorno dopo la nascita, i loro figli vengono battezzati, anche se Zélie non può essere presente.

Essere in relazione con Dio significa entrare nella preghiera, nel colloquio con Dio. Conosciamo la riflessione di Teresa quando vede suo padre pregare: «Ho capito come pregano i santi». Fin da piccoli, appena svegli, le bambine hanno imparato a offrire la loro giornata a Dio. Céline, ammalata, non presta nemmeno attenzione alla proposta della madre che le offre una cioccolata calda… Sta facendo la sua preghiera. Dio al primo posto, ma con flessibilità: i genitori partecipano alla prima messa della loro parrocchia. Non è un rito, sono disposti a cambiare le loro abitudini per adattare gli orari delle messe alle esigenze delle loro figlie.

Dio al primo posto: scelgono la dolorosa separazione per la prima comunione delle loro figlie. Le due più grandi saranno mandate all’età di 7 e 8 anni in collegio a 50 km di distanza, alla scuola delle Visitandine dove si trova la sorella religiosa di Zélie: la «santa zia Marie Dosithée». Chi meglio di lei può prendersi cura di loro?

Sarà anche dopo una riflessione di coppia che Marie tornerà in collegio per un ritiro spirituale: «È comunque costoso», dice Louis, «ha tutto ciò che le serve ad Alençon». «Sì, ma l’ultima volta che ci è andata, è tornata molto cambiata…», ribatte Zélie. È questo argomento che alla fine avrà la meglio.

Dio è anche al primo posto anche nel rapporto con i fratelli. Le lettere di Zélie sono piene di esempi dell’aiuto offerto da Louis e Zélie ai loro cari, credenti o meno, vicini di ogni tipo, operai o poveri per strada. Ciò che le loro figlie imiteranno più tardi a loro volta.

Sì, i genitori Martin avevano a cuore di far desiderare la santità alle loro figlie. Quando ricevette la pagella di Pauline, che era la prima della classe, Zélie le rispose: «È molto bene, mia cara, ma… vorrei che fossi un po’ più santa…».

Volevano avere tanti figli per, come diceva Zélie, «crescerli per il Paradiso». Gli abitanti di Alençon, vedendo la signora Martin distrutta dal dolore per la morte di quattro figli in quattro anni, avevano detto: «sarebbe stato molto meglio non averli mai avuti…». La signora Martin si era ribellata: «Non potevo sopportare quelle parole. Non pensavo che i dolori e le preoccupazioni potessero essere messi a confronto con la felicità eterna dei miei figli» (CF72). Del resto, aveva ottenuto diverse grazie per intercessione di quei piccoli, come più tardi Teresina.

 

Riguardo se stessa, Zélie riconosce con umiltà: «Desidero che tutte le mie figlie siano sante e che io le segua da vicino, ma devo mettermi all’opera…».

La santità è l’esercizio delle virtù teologali ricevute al battesimo: fede, speranza, carità. Queste virtù che ci fanno aderire alla volontà di Dio mettendo in Lui tutta la nostra fiducia. Ecco lo l’itinerario di vita !

La fede: so in chi ho riposto la mia fiducia. Nel suo lavoro, Zélie si mostra grata a Dio, nelle cui mani «ha affidato tutte le sue cose», sia che gli ordini affluiscano o scarseggino… In questa luce, sa incoraggiare chi le sta vicino, in particolare suo fratello, nelle sue difficoltà professionali.

La loro fede nella mano di Dio nel cuore della loro casa è sempre presente, anche nei periodi di grande sofferenza. Ad esempio, dopo quattro figlie, sperano legittimamente nella nascita di un maschio. Sarebbero così felici di offrire a Dio un buon missionario, un sacerdote… Niente è troppo bello per Dio. Ebbene no, questo primo bambino muore a pochi mesi. Ne arriva un secondo. Questo lo devono a un intervento speciale di San Giuseppe, arriva proprio alla fine di una novena nel giorno della sua festa. E quel secondo maschio – che avrebbero voluto vedere anche lui sacerdote un giorno – muore all’età di 8 mesi. Sarebbe stato ottimo per Dio! Ma Dio non è intervenuto. Zélie attraversò un periodo di depressione, ma il loro atteggiamento fu chiaro, come in tante altre occasioni: «Non si può mormorare contro la volontà di Dio». Senza capire, accettarono.

Perché la speranza è sempre presente, anche nelle situazioni più incomprensibili. Ricordiamo il caso di Leonie: «Non sappiamo cosa fare con lei, anche i più sapienti perderebbero le loro parole», osserva sua madre. Eppure lei riconosce: «Più la vedo difficile, più sono convinta che Dio non la lascerà così». Nella famiglia Martin, si affida a Dio e poi tocca a Lui agire. La speranza non delude perché l’amore di Dio per ciascuno è sempre presente.

La carità è ricevuta da Dio. Questo amore è per sua natura diffusivo. L’amore dei Martin si estende a tutti coloro che incontrano: la famiglia stretta (si vede come Zélie consola la cognata alla morte del figlio, mettendo in secondo piano il proprio dolore quando ha appena perso una bambina); la loro carità va alle operaie: lei si assume il compito di rifare a tarda sera il lavoro mal fatto da una di loro, o decide di riassumere un’altra che non lavorava bene, solo perché ha bisogno di soldi. Le figlie Martin hanno visto i loro genitori prendersi cura dei più poveri, trovati per strada o nelle loro baracche, e più tardi li imiteranno.

L’amore per il prossimo significa anche desiderare la santità per lui. Le figlie Martin hanno raccolto questa eredità missionaria dai loro genitori: Pauline a 12 anni, ascolta un sermone «tanto, tanto bello che convertirebbe sicuramente un grande peccatore che lei ha in mente e per il quale prega».

L’amore fino in fondo

Non è altro che tendere all’identificazione con Cristo e partecipare alla sua croce salvifica. Luigi pregava per i suoi cari come per i suoi amici atei. Ma vuole di più: dopo aver offerto tutte le sue figlie a Dio, dopo aver vissuto una lunga vedovanza, pensa al suo futuro. Si reca nella chiesa dove si è sposato e lì riceve «grazie così grandi, consolazioni così grandi» che, in un impeto di fiducia, fa questa preghiera di donazione totale del suo essere: «Mio Dio, sono troppo felice, non è possibile andare in Paradiso così: voglio soffrire qualcosa per Te!» e offre se stesso.  Qualche tempo dopo si scopre una malattia celebrale, compie gesti violenti, fugge di casa, viene ricoverato in un ospedale psichiatrico, dovendo distaccarsi da TUTTO: da se stesso (è paralizzato), dai suoi diritti paterni (è messo sotto tutela), ed è separato dai suoi cari… «Sì, ho uno scopo, è quello di amare Dio con tutto il cuore», aveva detto all’inizio della sua malattia.

Nei suoi momenti di lucidità, è così concentrato sugli altri che la sua infermiera lo definisce «il missionario» del reparto. Alle preghiere che gli vengono rivolte per la sua guarigione, risponde: «Bisogna solo chiedere la volontà di Dio». Il giorno in cui ritroverà le sue figlie al Carmelo, non potrà che alzare il dito al cielo per significare loro che «ci ritroveremo lassù». Zélie darà la sua testimonianza: si aggrappava alla vita per salvare la sua Léonie. Il giorno in cui le sue forze declinano, molla la presa: è perché il buon Dio farà meglio di lei per la sua Léonie. E sappiamo cosa Dio ha fatto per Léonie e continua a fare attraverso di lei.

Questo è proprio ciò che intendeva Zélie, e che è stato scritto sul reliquiario: «Saremo felici solo quando saremo tutti riuniti in Cielo». (Papa Leone XIV, mercoledì scorso durante l’udienza, ce lo ha ricordato: sulla terra sentiamo sempre una mancanza, la pienezza la troveremo solo in Cielo).

Ecco ci! Tutto viene da Dio, tutto è dato a Dio. Rendiamo grazie allo Spirito Santo che si è impegnato il giorno del loro matrimonio, che ha guidato ogni cosa e che ha spinto la Chiesa a canonizzare le coppie, al servizio della santità delle famiglie e di tutti coloro che chiedono il loro aiuto.

Per completare il quadro, occorre aggiungere la Vergine Maria. La statua che chiamiamo la Vergine del Sorriso è stata donata al giovane Louis. È il cuore della famiglia. Teresa ci spiega perché nella sua poesia «Perché ti amo, o Maria». Maria è la madre e il modello al centro della vita ordinaria delle famiglie. Ha risposto perfettamente alla volontà di Dio accogliendo la sua Parola e acconsentendo a ciò che le veniva chiesto giorno dopo giorno. E noi viviamo della grande fecondità della sua fede, della sua speranza e della sua carità.

 

In conclusione: come non unirsi alla cordata di tutta questa famiglia Martin che, in una vita normalissima – come la nostra –, ha risposto alla chiamata universale alla santità del nostro Padre celeste? Cosa ci dicono a ciascuno di noi? In questo campo non esiste il copia-incolla. Ognuno ha la propria risposta da dare. Anche se tutte le figlie Martin sono diventate religiose, ognuna ha le caratteristiche della PROPRIA chiamata e della propria risposta personale. Ci incoraggiano a corrispondere alla volontà di Dio su di noi personalmente, camminando verso la meta, con gli ingredienti che Dio stesso ci ha dato nel battesimo, la fede, la speranza e la carità al servizio dello Spirito Santo, affidandoci solo a Lui, fedelmente, per realizzarla.

Prima coppia canonizzata nella storia della Chiesa (2015), Luigi e Zelia Martin sono cristiani del XIX secolo che, a prima vista, non si distinguono dagli altri cristiani. Durante la loro vita non hanno fondato congregazioni né compiuto «miracoli». Entrambi hanno vissuto l’avventura della santità, testimoniando il Vangelo nella quotidianità, attraverso le prove e le gioie della loro vita di coniugi cristiani, genitori e artigiani professionisti.

La forza della loro testimonianza è quella di rendere credibile l’accesso alla santità per tutti, a prescindere dallo stato di vita, dall’età, dalla condizione sociale. Essi demistificano il concetto di «essere santi». Questa è una buona, una buonissima notizia per le coppie che desiderano mettere Dio al centro della loro vita, così com’è, e gustare quanto sia bello servirLo in tutte le cose. E, di conseguenza, di fare di questo obiettivo supremo il motore educativo di tutta una vita. È qui che risiede la particolarità della loro «educazione». Perché amare Dio in verità significa anche trascinare, condurre gli altri a Lui con lo slancio di tutta la propria vita. Condurre a Lui, educare nel senso primo del termine…

Per chiarire la dimensione totalizzante dell’educazione alla santità dei genitori Martin, illustrare il loro carisma educativo che permise loro di guidare i figli sulla via della santità – e anche di attirarvi i loro cari -, mi concentrerò su tre punti:

–    La loro vita familiare

–    La loro vita professionale

–    Il loro impegno ecclesiale aperto al mondo

Louis e Zélie, educatori nella loro vita familiare

«I nostri figli erano tutta la nostra felicità», scrive Zélie (4 marzo 1877).

Louis e Zélie erano d’accordo nell’educare i loro figli «per il Cielo», secondo un’espressione di Zélie. Non vediamo in questo alcuna forma di utopia, illuminismo o fobia del mondo. Forti del dinamismo della loro fede, in conformità con essa, Zélie e Louis intendono risvegliare nei loro figli ciò che, ai loro occhi, è semplicemente il fine dell’esistenza umana: Dio, il suo Regno, «il Cielo». Quello è il fulcro educativo di Zélie e Louis, pienamente in linea con il loro motto: «Dio al primo posto». Vivere il primato spirituale di Dio, vivere nella speranza del Paradiso, coinvolgere i propri figli, educarli, crescerli «per il Paradiso»: cosa c’è di più logico?

Uno degli elementi essenziali di questo ideale di vita è, senza sorpresa, la preghiera, l’apprendimento della preghiera. Mattina e sera, i figli di Martin si riunivano per pregare, per imparare ad ascoltare il mistero del Dio vivente, a parlargli con semplicità e sincerità di cuore, ad essere ricettivi alla sua Presenza e alla sua chiamata.

Parallelamente alla preghiera comune, c’era la partecipazione alla celebrazione dei sacramenti, in particolare al sacramento dell’Eucaristia (su questo tornerò più avanti). Louis e Zélie si dedicavano anche alla lettura della vita dei santi. E come un profumo evangelico di tutte queste pratiche, coltivavano anche una risoluta apertura allo spirito di carità e umiltà. In che modo? Attraverso l’attenzione ai più poveri, alle persone in difficoltà. Cfr. la recente esortazione apostolica di Papa Leone XIV, Dilexi te…

Un esempio, tra tanti altri… Eloquente di audacia spontanea ed empatia verso i più vulnerabili. Avanzando nella stazione, Louis incontra un epilettico incapace di pagare il biglietto del treno. Cosa decide di fare? Va a mendicare. Non esita a chiedere l’elemosina per il povero nel modo più semplice ed efficace. Tende il cappello ai viaggiatori presenti intorno a lui e riesce a raccogliere la somma necessaria. Una volta acquistato il biglietto, accompagna e fa accomodare lui stesso il malato nel vagone.

Più fondamentalmente, Zélie e Louis educano i loro figli all’apprendimento del dono di sé attraverso il risveglio di un rapporto vivo, personale e volontario con Gesù, indipendentemente dalle circostanze – ciò che Teresa tradurrà con la formula tipicamente salesiana «fare piacere a Gesù», in particolare nelle cose apparentemente più insignificanti.

Educare alla santità nella loro vita professionale

Louis si orientò verso il mestiere di orologiaio. Zélie verso quello di merlettaia. Ben affermati nella loro attività professionale al momento del loro matrimonio (1858), entrambi formavano una coppia di imprenditori moderni per l’epoca.

Louis era «fondamentalmente onesto e coscienzioso», ricorda Marie, la figlia primogenita. Nella sua oreficeria-gioielleria, non avendo commessi, svolgeva lui stesso tutto il lavoro: accoglieva i clienti, riparava orologi da parete e da polso, sia nel suo negozio che a domicilio. La sua paziente attenzione verso i clienti, l’eccellenza del suo lavoro e la sua mansuetudine nei confronti di tutti gli valsero una reputazione di santità. Diverse testimonianze dei clienti lo confermano, definendolo “il santo Monsieur Martin”.

A partire dal 1863, anno in cui Zélie dà alla luce Léonie, la sua terza figlia, Louis affianca più attivamente la moglie nella sua attività commerciale.

Oltre a garantire un salario equo che i Martin pagano puntualmente ai propri dipendenti, Zélie coltiva un clima di armonia familiare all’interno della sua azienda, che darà lavoro a 18 operaie a domicilio. Molte di loro ringraziano Zélie per la sua benevolenza. Numerose amicizie nascono durante e oltre l’orario di lavoro svolto in stretta collaborazione.  Anche questo è “educare”: affermare la probità e l’integrità nella loro attività professionale, favorendo un clima di armonia e fiducia con i propri dipendenti. Di questo testimonieranno le figlie Martin. Ognuna di loro ne conserverà un ricordo vivo. Un altro aspetto educativo della loro madre.

Educare attraverso un impegno ecclesiale aperto al mondo

Questo è uno dei punti fondamentali della fede evangelica di Luigi e Zelia. Il loro amore per Dio non poteva essere confinato alla sola sfera della preghiera e dei rituali liturgici. Si affermava anche attraverso un coinvolgimento socio-ecclesiale. Come separare la comunità in cui affonda le sue radici la nostra fede cristiana dalla società in cui affondano le nostre radici di cittadini? Zélie e Louis si inseriscono naturalmente, sull’esempio e sulla scia di Gesù Cristo, nel slancio di un’Incarnazione continua, qui e ora, della loro esistenza. L’educazione dei loro figli ne sarà fortemente influenzata. Essa risplenderà di quel realismo spirituale fondato sul Vangelo, caratterizzato da una risoluta apertura verso i più poveri, da un impegno in varie associazioni di pietà e carità. In che modo, concretamente? Zélie era affiliata al Terzo Ordine di San Francesco d’Assisi e ad altri movimenti di devozione al Cuore di Gesù. Louis faceva parte della Società del Santissimo Sacramento e della Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli fondata da Frédéric Ozanam. Era anche membro dei Circoli Cattolici creati da Albert de Mun, sensibili alla miseria del mondo operaio. Ciò testimonia la consapevolezza di Luigi e Zélie nei confronti delle problematiche sociali del loro tempo. Tuttavia, il loro impegno non si manifestava solo attraverso l’affiliazione ad associazioni di pietà, l’adesione ai movimenti allora in voga del cattolicesimo sociale e le donazioni a opere di beneficenza.

I coniugi Martin manifestano anche una spontanea sollecitudine nei confronti dei più bisognosi che incontrano sul loro cammino. Abbiamo citato il toccante esempio dell’epilettico aiutato da Louis alla stazione ferroviaria… Un altro episodio, tra i più significativi, è quello di un povero senzatetto anziano, soccorso una domenica del 1876, al ritorno dalla messa. I Martin gli si avvicinarono offrendogli prima delle scarpe, poi la cena. In seguito, si presero cura di lui al punto da ottenere il suo ingresso in un ospizio, non senza numerose pratiche svolte con tenacia da Louis (lettere, petizioni…). Zélie aveva preso l’abitudine di visitare, con discrezione, «famiglie povere con pentole sul fuoco, bottiglie di vino e monete da quaranta centesimi, e nessuno lo sapeva tranne noi due», testimonia Louise Marais, ex domestica dei Martin, che accompagnava Zélie in queste visite ai più svantaggiati dal punto di vista sociale.

Questo fuoco della carità in azione trovava nell’Eucaristia il segreto del suo ardore. L’Eucaristia era anche il luogo fondamentale del rinnovamento spirituale della coppia Martin. Infatti, salvo rare eccezioni, Louis e Zélie andavano a messa tutti i giorni. Dopo la morte della moglie, pur non esercitando più alcuna attività professionale, Louis continuò ad andare alla messa delle sei del mattino. E quando le figlie gli chiesero il motivo, egli rispose: «Perché è la messa dei poveri e degli operai», che vi assistono prima di andare al lavoro. Una risposta piena di verità eucaristica che Louis viveva profondamente: una solidarietà di cuore con i più bisognosi all’interno della loro stessa comunità, il loro comune.

Ci sarebbero molti altri fatti da menzionare in cui Zélie e Louis hanno dato prova di un esempio evangelico, in particolare nella prova della malattia, della vedovanza e della morte. Non cerchiamo altrove il segreto del talento educativo di cui hanno dato prova.

Pensiamo alla commovente serenità di Zélie, alla sua forza d’animo che incoraggia i suoi cari, nonostante sia affetta da un tumore al seno che la porterà alla morte.

Pensiamo alla costanza spirituale di Louis nel dare un senso alla sua debolezza fisica e mentale alla fine della sua vita, durante e dopo la sua degenza all’ospedale Bon Sauveur di Caen. L’esempio commovente di Louis dimostra che l’alterazione psichica e la diminuzione delle forze fisiche possono anche essere un percorso di resilienza per vivere la dinamica dell’amore, della speranza e della fede nell’Eternità. Qui risiede la rettitudine etica e la fecondità spirituale dell’educazione che ha impartito alle sue figlie e della sua testimonianza di santità.

A partire dalla loro vita coniugale, familiare, ecclesiale e socio-professionale, Luigi e Zelia, in quanto cristiani, hanno fatto della loro quotidianità il centro della loro posizione educativa. Perché la loro esistenza era, giorno dopo giorno, lo spazio della bontà ricevuta da Dio; e di questa bontà divina, entrambi hanno fatto un’opera di apprendimento della santità nella vita quotidiana. Non cerchiamo altrove l’anima dell’educazione che hanno impartito alle loro figlie.

La santificazione ricevuta e l’educazione impartita sono inseparabili. Da qui l’esemplarità perenne della santità di Zélie e Louis. «Parla di Dio solo se ti viene chiesto, ma vivi in modo tale che ti venga chiesto» (Francesco di Sales). Louis e Zélie hanno vissuto in modo tale da toccare e interrogare i loro cari. Continuano ancora oggi a interrogare coloro che si avvicinano alla loro vita così semplice. Così semplicemente evangelica.

Trascendente in ogni tempo, la santità di Zélie e Louis è adatta al nostro XXI secolo perché è in sintonia con il cuore del Vangelo nella quotidianità della vita. Ma qual è il cuore del Vangelo? Che in tutte le cose si tratta di amare, credere, sperare nella presenza di Gesù Cristo. Questi tre atti, ieri come oggi e domani, condensano il futuro essenziale della vita umana e della sua salvezza. Zelia e Luigi ce lo ricordano con la forza e la semplicità del loro attaccamento a Dio, che era «l’anima» del loro amore reciproco, del carisma pedagogico di un’educazione incentrata sulla chiamata alla santità.

La loro esistenza è davvero un libro di vita, fonte di ispirazione per ogni discepolo di Cristo e per ogni famiglia cristiana di oggi.  

Due punti sono già stati approfonditi nelle precedenti conferenze: la carità e l’educazione nella famiglia Martin. Vale a dire la trasmissione in famiglia dell’essenziale: l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Cosa dire allora della santità nella famiglia Martin?

Il desiderio di santità dei genitori

È certo che la santità non viene per forza data al momento della nascita. Il desiderio di santità è già manifestare la fede nell’amore di Dio che ci chiama a vivere con Lui nell’eternità. Il desiderio di santità è già la nostra risposta personale alla volontà di Dio: «Padre, voglio che dove sono io, siano anche loro con me, perché questa è la tua volontà», dice Gesù

«Chi è mio fratello, mia sorella, mio padre, mia madre…?» chiede Gesù alla folla radunata intorno a lui. «Chi è la mia famiglia?» avrebbe potuto dire… E dà la risposta: «Chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli». Ecco una sintesi di ciò che fu la famiglia Martin. Qual è la volontà di Dio su di loro? Dovranno cercarla, con flessibilità.

Cercare la volontà di Dio

Volevano essere santi, e nei calendari dell’epoca figuravano essenzialmente sacerdoti, religiosi e suore. Così entrambi cercarono di condurre una vita religiosa. A quanto pare, sembra che entrambi abbiano sbagliato prendendo una strada che non era quella scelta da Dio. In realtà, è lo spazio di libertà che Dio ci lascia per discernere: ma Egli veglia e ci parla attraverso gli eventi. Quindi, no, non faranno i voti religiosi, condurranno, nel mondo, una vita… “normale”, se così si può dire, di coniugi e genitori, con i loro figli.

Avranno nove figli, sette femmine e due maschi. Solo cinque figlie sopravviveranno: Marie e Pauline, che nasceranno a un anno di distanza l’una dall’altra, poi Léonie, che la morte dei fratelli più piccoli isolerà dal resto delle altre, poi Céline e Thérèse.

Louis e Zélie sono cresciuti in famiglie molto cristiane. Quando Louis sarà studente, sua madre gli scriverà raccomandandogli di rimanere umile! E quanto lo era! Zélie Guérin, invece, era piuttosto rigorosa nell’osservanza, al punto che la signora Guérin, sua madre, che aveva aperto un bar per guadagnare un po’ di soldi, dovette chiudere l’attività: sì, perché lei faceva la predica agli uomini che venivano a ordinare un buon bicchierino! Forse si aspettava che venissero solo a chiedere una cioccolata calda! Zélie ha sofferto per la sua educazione troppo severa.

Al momento del loro matrimonio, Louis e Zélie sono persone mature. Entrambi lavorano e sono persino imprenditori autonomi; Louis è artigiano orologiaio-gioielliere; Zélie si occupa di pizzo, e non di pizzo qualsiasi: uno dei più apprezzati nelle corti reali dell’epoca. Siamo negli anni 1850-70.

– Zélie, dissuasa dalla sua “vocazione” dalla superiora delle Figlie della Carità dell’ospedale, si orientò risolutamente verso il matrimonio, affidando a Dio il compito di metterle sulla strada il marito desiderato. Louis, comprendendo che la vocazione dei Padri del Gran San Bernardo non fa per lui, è quindi determinato a vivere con fede altrettanto viva, con il sostegno del parroco e dei suoi amici della parrocchia, una vita intensa di lettura, meditazione, preghiera, alla quale aggiungerà la pesca sulle rive della Sarthe, sotto le finestre della villetta che ha acquistata come centro di ritiro.

Zélie vive con i suoi genitori, con la sorella maggiore che la affianca nel suo lavoro occupandosi della parte amministrativa, e con un fratellino molto piccolo. Louis ha un appartamento tutto suo, sopra la sua orologeria, abbastanza grande da ospitare i suoi genitori, in lutto per gli altri tre figli. Accoglie anche un giovane nipote orfano.

Il matrimonio

Ed ecco che un giorno Zélie e Louis si incontrano su un ponte della loro città, Alençon. Zélie si commuove sentendo dentro di sé la certezza che quel bel giovane è colui che Dio ha preparato per lei. Per quanto riguarda Louis, non sappiamo altro, ma dobbiamo dedurre che quel giorno non era distratto, o comunque che aveva un’anima molto flessibile sotto l’influenza dello Spirito Santo, poiché tre mesi dopo si sposarono.

La cerimonia si svolse a mezzanotte (da notare la dedizione del sindaco e del parroco). Questo evitò loro le solite formalità, ma soprattutto, tenevano a ricevere la comunione durante la messa nuziale e, a mezzanotte, si azzerava il tempo da rispettare per il digiuno. Si sono sposati “sotto il velo”, cioè nel momento del consenso degli sposi, i testimoni hanno steso un velo sopra di loro, a significare la presenza dello Spirito Santo, testimone supremo e impegnato nella loro nuova vita di coppia. Louis offre alla moglie una medaglia che raffigura Tobia e Sara, la coppia biblica che, la prima sera del matrimonio, si affidò completamente alla volontà di Dio. Scelgono un motto come guida per tutta la loro vita: «Dio al primo posto». Si sforzeranno quindi di discernere ciò che Dio vuole per loro, con l’aiuto dello Spirito Santo e appoggiandosi sulla lettura del Vangelo e sui comandamenti della Chiesa: così la volontà di Dio sarà il motore di tutte le loro decisioni, di tutte le loro azioni.

Collegare gli uomini a Dio

La prima priorità è ovviamente quella di vivere in collegamento con Dio. Il giorno dopo la nascita, i loro figli vengono battezzati, anche se Zélie non può essere presente.

Essere in relazione con Dio significa entrare nella preghiera, nel colloquio con Dio. Conosciamo la riflessione di Teresa quando vede suo padre pregare: «Ho capito come pregano i santi». Fin da piccoli, appena svegli, le bambine hanno imparato a offrire la loro giornata a Dio. Céline, ammalata, non presta nemmeno attenzione alla proposta della madre che le offre una cioccolata calda… Sta facendo la sua preghiera. Dio al primo posto, ma con flessibilità: i genitori partecipano alla prima messa della loro parrocchia. Non è un rito, sono disposti a cambiare le loro abitudini per adattare gli orari delle messe alle esigenze delle loro figlie.

Dio al primo posto: scelgono la dolorosa separazione per la prima comunione delle loro figlie. Le due più grandi saranno mandate all’età di 7 e 8 anni in collegio a 50 km di distanza, alla scuola delle Visitandine dove si trova la sorella religiosa di Zélie: la «santa zia Marie Dosithée». Chi meglio di lei può prendersi cura di loro?

Sarà anche dopo una riflessione di coppia che Marie tornerà in collegio per un ritiro spirituale: «È comunque costoso», dice Louis, «ha tutto ciò che le serve ad Alençon». «Sì, ma l’ultima volta che ci è andata, è tornata molto cambiata…», ribatte Zélie. È questo argomento che alla fine avrà la meglio.

Dio è anche al primo posto anche nel rapporto con i fratelli. Le lettere di Zélie sono piene di esempi dell’aiuto offerto da Louis e Zélie ai loro cari, credenti o meno, vicini di ogni tipo, operai o poveri per strada. Ciò che le loro figlie imiteranno più tardi a loro volta.

Sì, i genitori Martin avevano a cuore di far desiderare la santità alle loro figlie. Quando ricevette la pagella di Pauline, che era la prima della classe, Zélie le rispose: «È molto bene, mia cara, ma… vorrei che fossi un po’ più santa…».

Volevano avere tanti figli per, come diceva Zélie, «crescerli per il Paradiso». Gli abitanti di Alençon, vedendo la signora Martin distrutta dal dolore per la morte di quattro figli in quattro anni, avevano detto: «sarebbe stato molto meglio non averli mai avuti…». La signora Martin si era ribellata: «Non potevo sopportare quelle parole. Non pensavo che i dolori e le preoccupazioni potessero essere messi a confronto con la felicità eterna dei miei figli» (CF72). Del resto, aveva ottenuto diverse grazie per intercessione di quei piccoli, come più tardi Teresina.

Riguardo se stessa, Zélie riconosce con umiltà: «Desidero che tutte le mie figlie siano sante e che io le segua da vicino, ma devo mettermi all’opera…».

La santità è l’esercizio delle virtù teologali ricevute al battesimo: fede, speranza, carità. Queste virtù che ci fanno aderire alla volontà di Dio mettendo in Lui tutta la nostra fiducia. Ecco lo l’itinerario di vita !

La fede: so in chi ho riposto la mia fiducia. Nel suo lavoro, Zélie si mostra grata a Dio, nelle cui mani «ha affidato tutte le sue cose», sia che gli ordini affluiscano o scarseggino… In questa luce, sa incoraggiare chi le sta vicino, in particolare suo fratello, nelle sue difficoltà professionali.

La loro fede nella mano di Dio nel cuore della loro casa è sempre presente, anche nei periodi di grande sofferenza. Ad esempio, dopo quattro figlie, sperano legittimamente nella nascita di un maschio. Sarebbero così felici di offrire a Dio un buon missionario, un sacerdote… Niente è troppo bello per Dio. Ebbene no, questo primo bambino muore a pochi mesi. Ne arriva un secondo. Questo lo devono a un intervento speciale di San Giuseppe, arriva proprio alla fine di una novena nel giorno della sua festa. E quel secondo maschio – che avrebbero voluto vedere anche lui sacerdote un giorno – muore all’età di 8 mesi. Sarebbe stato ottimo per Dio! Ma Dio non è intervenuto. Zélie attraversò un periodo di depressione, ma il loro atteggiamento fu chiaro, come in tante altre occasioni: «Non si può mormorare contro la volontà di Dio». Senza capire, accettarono.

Perché la speranza è sempre presente, anche nelle situazioni più incomprensibili. Ricordiamo il caso di Leonie: «Non sappiamo cosa fare con lei, anche i più sapienti perderebbero le loro parole», osserva sua madre. Eppure lei riconosce: «Più la vedo difficile, più sono convinta che Dio non la lascerà così». Nella famiglia Martin, si affida a Dio e poi tocca a Lui agire. La speranza non delude perché l’amore di Dio per ciascuno è sempre presente.

La carità è ricevuta da Dio. Questo amore è per sua natura diffusivo. L’amore dei Martin si estende a tutti coloro che incontrano: la famiglia stretta (si vede come Zélie consola la cognata alla morte del figlio, mettendo in secondo piano il proprio dolore quando ha appena perso una bambina); la loro carità va alle operaie: lei si assume il compito di rifare a tarda sera il lavoro mal fatto da una di loro, o decide di riassumere un’altra che non lavorava bene, solo perché ha bisogno di soldi. Le figlie Martin hanno visto i loro genitori prendersi cura dei più poveri, trovati per strada o nelle loro baracche, e più tardi li imiteranno.

L’amore per il prossimo significa anche desiderare la santità per lui. Le figlie Martin hanno raccolto questa eredità missionaria dai loro genitori: Pauline a 12 anni, ascolta un sermone «tanto, tanto bello che convertirebbe sicuramente un grande peccatore che lei ha in mente e per il quale prega».

L’amore fino in fondo

Non è altro che tendere all’identificazione con Cristo e partecipare alla sua croce salvifica. Luigi pregava per i suoi cari come per i suoi amici atei. Ma vuole di più: dopo aver offerto tutte le sue figlie a Dio, dopo aver vissuto una lunga vedovanza, pensa al suo futuro. Si reca nella chiesa dove si è sposato e lì riceve «grazie così grandi, consolazioni così grandi» che, in un impeto di fiducia, fa questa preghiera di donazione totale del suo essere: «Mio Dio, sono troppo felice, non è possibile andare in Paradiso così: voglio soffrire qualcosa per Te!» e offre se stesso.  Qualche tempo dopo si scopre una malattia celebrale, compie gesti violenti, fugge di casa, viene ricoverato in un ospedale psichiatrico, dovendo distaccarsi da TUTTO: da se stesso (è paralizzato), dai suoi diritti paterni (è messo sotto tutela), ed è separato dai suoi cari… «Sì, ho uno scopo, è quello di amare Dio con tutto il cuore», aveva detto all’inizio della sua malattia.

Nei suoi momenti di lucidità, è così concentrato sugli altri che la sua infermiera lo definisce «il missionario» del reparto. Alle preghiere che gli vengono rivolte per la sua guarigione, risponde: «Bisogna solo chiedere la volontà di Dio». Il giorno in cui ritroverà le sue figlie al Carmelo, non potrà che alzare il dito al cielo per significare loro che «ci ritroveremo lassù». Zélie darà la sua testimonianza: si aggrappava alla vita per salvare la sua Léonie. Il giorno in cui le sue forze declinano, molla la presa: è perché il buon Dio farà meglio di lei per la sua Léonie. E sappiamo cosa Dio ha fatto per Léonie e continua a fare attraverso di lei.

Questo è proprio ciò che intendeva Zélie, e che è stato scritto sul reliquiario: «Saremo felici solo quando saremo tutti riuniti in Cielo». (Papa Leone XIV, mercoledì scorso durante l’udienza, ce lo ha ricordato: sulla terra sentiamo sempre una mancanza, la pienezza la troveremo solo in Cielo).

Ecco ci! Tutto viene da Dio, tutto è dato a Dio. Rendiamo grazie allo Spirito Santo che si è impegnato il giorno del loro matrimonio, che ha guidato ogni cosa e che ha spinto la Chiesa a canonizzare le coppie, al servizio della santità delle famiglie e di tutti coloro che chiedono il loro aiuto.

Per completare il quadro, occorre aggiungere la Vergine Maria. La statua che chiamiamo la Vergine del Sorriso è stata donata al giovane Louis. È il cuore della famiglia. Teresa ci spiega perché nella sua poesia «Perché ti amo, o Maria». Maria è la madre e il modello al centro della vita ordinaria delle famiglie. Ha risposto perfettamente alla volontà di Dio accogliendo la sua Parola e acconsentendo a ciò che le veniva chiesto giorno dopo giorno. E noi viviamo della grande fecondità della sua fede, della sua speranza e della sua carità.

In conclusione: come non unirsi alla cordata di tutta questa famiglia Martin che, in una vita normalissima – come la nostra –, ha risposto alla chiamata universale alla santità del nostro Padre celeste? Cosa ci dicono a ciascuno di noi? In questo campo non esiste il copia-incolla. Ognuno ha la propria risposta da dare. Anche se tutte le figlie Martin sono diventate religiose, ognuna ha le caratteristiche della PROPRIA chiamata e della propria risposta personale. Ci incoraggiano a corrispondere alla volontà di Dio su di noi personalmente, camminando verso la meta, con gli ingredienti che Dio stesso ci ha dato nel battesimo, la fede, la speranza e la carità al servizio dello Spirito Santo, affidandoci solo a Lui, fedelmente, per realizzarla.